Titoli

Turchia

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La nascita della «nuova Turchia» creata da Recep Tayyip Erdoğan è una storia esemplare dell’ascesa di quelle «democrazie illiberali» che i governi autoritari di tutto il mondo stanno modellando attraverso l’erosione dei diritti civili, della libertà di stampa, della separazione dei poteri e dell’indipendenza del sistema giudiziario. Ma ogni paese lo ha fatto in modo diverso e caratteristico – e ha sviluppato forme di resistenza altrettanto distintive. La Turchia era un paese complesso molto prima dell’ascesa del suo nuovo sultano «ottomanista»: nata come stato nazionale solo cent’anni fa sulle ceneri di un impero multietnico e multireligioso, la Repubblica è tuttora costretta a fare i conti con quell’identità artificialmente laica e omogenea che le ha imposto Atatürk causando indicibili sofferenze a chiunque non volesse adattarsi alla sua definizione di «turchicità». Lo scontro tra l’eredità kemalista e l’islam politico di Erdoğan è solo una delle tante contraddizioni irrisolte di un paese diviso che nell’ultimo decennio ha attraversato una crisi dietro l’altra, da un golpe sfiorato a una serie di attentati e guerre dentro e fuori dai confini. Il governo di Erdoğan, cinico e corrotto, è sempre riuscito bene o male a superare le difficoltà che si è creato da sé, grazie anche a una repressione feroce del dissenso e l’uso delle risorse dello stato a proprio favore – per esempio lo sviluppo di infrastrutture che, alle ragioni economiche, affiancano motivi meno nobili come la cancellazione della memoria storica di un luogo, vedi l’antica città curda di Hasankeyf inondata dalla costruzione di una diga. Ma c’è anche la speranza di un’altra Turchia, che prende forza dalla propria diversità tenendo vivo lo spirito di Gezi, il più entusiasmante movimento di protesta della storia del paese. La resistenza assume varie forme, ed è spesso una questione individuale, ma è ovunque: nelle donne che si ribellano a uomini che le amano «da morire», nelle minoranze che cercano di riappropriarsi della loro cultura attraverso il dialogo con la maggioranza turca, nei vignettisti che sfidano la censura, nei rapper che danno una voce a una generazione ammutolita nel consumismo promosso dal governo, fino anche nei tifosi che lasciano da parte le loro rivalità – sia pure per un attimo solo – per unirsi alle proteste contro il nemico comune.


Pagine: 208

ISBN: 9788870917086

Prezzo: 19,50 €

Uscita: giugno 2020

Fotografie: Nicola Zolin

Autori: Elif Batuman, Fatima Bhutto, Dexter Filkins, Sema Kaygusuz, Begüm Kovulmaz, Valentina Marcella, Gerhard Schweizer, Alev Scott, Burhan Sönmez, Ercan y Yılmaz, Stephen Wood

Collaboratori: Giulia Ansaldo, Kaleydoskop, Açık Radyo, Elif Shafak

Illustrazioni: Edoardo Massa

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Sommario

Architettura

Il grande scavo

— Elif Batuman

Gli urbanisti di Istanbul hanno un problema: troppa storia. E troppe strumentalizzazioni: quale capitolo del passato turco deve essere messo in risalto, le origini preislamiche – come predicava Atatürk – o la gloria ottomana cara a Erdoğan?

Media

Non chiamatele soap opera

— Fatima Bhutto

Le serie tv turche, come Il secolo magnifico, rivaleggiano con la televisione americana per popolarità internazionale, e imperversano in Medio Oriente, Asia e America Latina. A cosa si deve il loro successo globale?

Politica

Trent’anni di colpo di stato

— Dexter Filkins

È stato un predicatore islamico in esilio a tentare di rovesciare il governo manu militari nel 2016? Retroscena e misteri sul movimento gülenista, che per decenni si è infiltrato nella burocrazia turca per scardinarne il laicismo fino allo scontro finale con l’ex alleato Erdoğan.

Economia

Business à la turca

— Alev Scott

Un ritratto dell’economia turca, animata da un innato spirito imprenditoriale e dal grande sogno della ricchezza istantanea, ma costretta a fare perennemente i conti con l’instabilità politica.

Diritti

Eros e Thanatos al ristorante

— Sema Kaygusuz

Nonostante un movimento femminista più che centenario, le donne turche si trovano intrappolate tra due ideologie – una laica, una religiosa – opposte tra loro ma ugualmente soffocanti. Solo di recente hanno cominciato a far sentire la loro voce contro il sistema patriarcale.

Tradizioni

Una storia di polvere e luci

— Burhan Sönmez

Ogni estate lo scrittore Burhan Sönmez torna nel villaggio dell’Anatolia in cui è nato. Di quella Turchia rurale, incontaminata, con le sue tradizioni, la sua fede religiosa apolitica, non è rimasto più nulla, se non la lingua vietata: il curdo.

Nazionalismi

Il nazionalismo turco e la questione armena

— Gerhard Schweizer

Sulle rovine dell’Impero ottomano in cui turchi, curdi, armeni e greci hanno convissuto pacificamente in uno stato multietnico prende piede un nuovo nazionalismo destinato a separare i popoli e imporre una turchizzazione forzata le cui vittime principali sono state gli armeni.

Cultura

Una favola senza lieto fine

— Ercan y Yılmaz

In mezzo al bacino mesopotamico, culla delle civiltà più antiche, si trova Hasankeyf, che avrebbe tutte le carte in regola per rientrare nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Ma, invece di accogliere ondate di turisti, è stata sommersa per fare spazio a una diga.

Musica

Rappo Istanbul

— Begüm Kovulmaz

Il rap turco, nato nel quartiere di Kreuzberg a Berlino, ha raggiunto Istanbul negli anni Novanta, dove a lungo è rimasto un genere di nicchia. Quando poi è esploso nel mainstream, era ormai maturo per diventare il principale strumento di protesta della generazione di Gezi.

Satira

Matite affilate, matite spezzate

— Valentina Marcella

Tra denuncia e censura la satira è una delle poche forme di critica al governo rimaste. Imperterriti i vignettisti continuano la loro battaglia contro il bavaglio messo al diritto di espressione.

Calcio

Chi non salta è Erdoğan

— Stephen Wood

Il movimento di protesta del 2013 è stato talmente vasto da riuscire nel miracolo di placare una delle rivalità più sentite del calcio mondiale, quella tra le tre grandi di Istanbul: Galatasaray, Fenerbahçe e Beşiktaş.

Fotografia

Prospekt photo

Le fotografie di questo numero sono state realizzate da Nicola Zolin, fotoreporter e scrittore di base a Venezia, Atene e Istanbul. I suoi lavori mirano a indagare le trasformazioni sociali e ambientali nei territori di confine tra Europa, Medio Oriente e Asia e a interrogarsi sul modo in cui le persone nel mondo competono per le risorse naturali e sul significato che ogni popolo dà alla libertà, dai giovani agli utopisti, ai migranti in cerca di una vita migliore. Autore di I passeggeri della terra (Alpine Studio, 2016), i suoi articoli e reportage sono stati pubblicati, tra gli altri, su Stern, 6Mois, Politico, Al Jazeera, Vice News, Der Spiegel, la Repubblica, Le Parisien, Corriere della Sera, El Mundo, De Standaard, Aftenposten, Internazionale, Süddeutsche Zeitung, Caravan Mag, La Croix, Left. I suoi progetti sono stati nominati per premi quali il Bayeux-Calvados per corrispondenti di guerra (2019), il Festival della fotografia etica (2016, 2018), il Tokyo photo award (2018).