Nel 2017 è stato annunciato il ritrovamento, negli scavi del Templo mayor nel centro storico di Città del Messico, di uno tzompantli, una piramide di teschi: si sapeva della sua esistenza da fonti antiche, ma non erano ancora stati rinvenuti esemplari. Le file ordinate di crani vuoti sono uno spettacolo raccapricciante, ma l’usanza del sacrificio umano – ci ricorda Juan Villoro nel pezzo che apre questo volume – si iscriveva in una cosmologia e sistemi di valore condivisi, per cui la vita si rinnovava attraverso la morte. Cosa dire invece della gratuità della violenza nel Messico di oggi? Il paese è un’«immensa necropoli disseminata di crani contemporanei», in cui ogni giorno spariscono undici donne. Quello che sconvolge – oltre ai numeri – è l’impunità: il novanta per cento dei casi non viene risolto. Proprio le donne sono le prime a ribellarsi, al grido di «ci vogliamo vive», presentandosi come l’unica vera opposizione al governo. Perché anche il presidente populista di sinistra Andrés Manuel López Obrador, nonostante la retorica del «più abbracci, meno pallottole», segue una lunga tradizione dello stato messicano, che preferisce imporre le sue soluzioni piuttosto che ascoltare la volontà dei cittadini. Lo sanno bene le minoranze etnico-linguistiche, spesso destinatarie di politiche e megaprogetti non richiesti, come l’emblematico Treno maya in costruzione nella giungla, portatore di un «progresso» sulla cui definizione le popolazioni locali non sono state consultate. Troppo spesso ci si dimentica che i maya, i mexica, gli zapotechi, i mixe e decine di altri popoli originari non sono stati spazzati via dalla conquista, né dalla repressione dello stato messicano indipendente. Non è solo una questione di eredità culturale, evidente nella lingua, nel cibo, nelle tradizioni e nelle contaminazioni religiose: gli «indigeni» (che lo stato si impunta a raggruppare tutti insieme) vivono ancora in ampi territori del paese e se ne prendono cura, difendendo come possono le proprie comunità. Solo riconoscendo anche loro come messicani a tutti gli effetti, la maggioranza criolla potrà forse risolvere la sua contraddizione costitutiva: l’apparente schizofrenia data dall’essere allo stesso tempo europei e americani, conquistatori e conquistati, carnefici e vittime.
Pagine: 192
ISBN: 9788870918748
Prezzo: 22,00 €
Uscita: aprile 2023
Fotografie: Fabio Cuttica
Autori: Dario Alemán, Carmen Boullosa, Pino Cacucci, Jacobo García, Yasnaya Elena A. Gil, Valeria Luiselli, Federico Mastrogiovanni, Guadalupe Nettel, Elena Reina, Aatish Taseer, Juan Villoro
Collaboratori: Jazmina Barrera, Ivan Carozzi, Rulo David, Renata Lira
Illustrazioni: Edoardo Massa
Narcotraffico
Da quando, quasi vent’anni fa, il Messico ha dichiarato guerra al narcotraffico, la violenza nel paese è aumentata. Anche ora che la politica ha cambiato strategia, i militari restano una presenza ingombrante quanto quella dei cartelli e degli Stati Uniti, che giocano un ruolo ambiguo. Come del resto tutti, quando c’è di mezzo la droga.
Droga
In un remoto villaggio sulla costa caraibica, al confine con il Belize, la popolazione locale si dedica al playear, la ricerca di panetti di droga spinti a riva dal vento.
Lingua
Cosa significa parlare una lingua indigena in Messico? Una scrittrice mixe di lingua ayuujk racconta il suo viaggio di riappropriazione di una scrittura e un’identità che per secoli sono state soppresse dal monolinguismo spagnolo.
Religione
Ogni anno milioni di pellegrini visitano la basilica di Nostra signora di Guadalupe, a Città del Messico, dove la Vergine è apparsa a un indio presentandosi sia come Maria madre di Gesù che come Tonantzin, la madre di tutti gli dèi nella cosmogonia preispanica. Con la sua doppia personalità, incarna il codice genetico culturale dei messicani.
Frontiere
Tijuana vive di frontiera, appiccicata a San Diego, protesa verso la sua gemella statunitense così diversa. Per i pendolari è solo una questione di incolonnamenti, per molti migranti centroamericani è diventata un rifugio temporaneo, l’ultima stazione del loro viaggio.
Tradizioni
Siamo abituati a pensare che la cultura mexica sia stata completamente cancellata dalla conquista spagnola. Ma basta scavare sotto lo strato contemporaneo di Città del Messico, o nelle usanze, nel cibo e nella lingua dei suoi abitanti, per capire che l’antica civiltà non è mai morta e continua a esistere, visibile a chi vuole vederla.
Minoranze
Il Treno maya è un dono imposto, più che offerto, alle comunità indigene del Sudest del paese: un progetto controverso, voluto a tutti i costi dal presidente Andrés Manuel López Obrador per portare progresso anche in queste sperdute lande che si accontenterebbero di molto meno.
Giustizia
La morte della 19enne Debanhi Escobar ha messo in luce il dramma dei femminicidi in Messico, la piaga di un sistema giudiziario marcio, l’impunità di cui godono gli assassini. E soprattutto ha dato ulteriore forza a un movimento femminista che è una spina nel fianco del governo.
Cucina
Il riso è sbarcato nelle Americhe con gli spagnoli e la sua presenza nella gastronomia messicana pone la domanda: cosa è indigeno e cosa no, quando si tratta della storia culinaria di una nazione?
Luoghi
Guadalajara e il Jalisco raccontati da uno scrittore che si è innamorato del Messico negli anni Ottanta e non ha mai smesso di parlarne.
Miti
Strega. Selvaggia. Icona. Barbie. Il mito di Frida Kahlo è una storia di narrazione coloniale e grottesco sfruttamento commerciale.
Le fotografie di questo numero sono state realizzate da Fabio Cuttica, fotografo documentarista romano cresciuto in Colombia e Perù e che attualmente risiede a Bogotá. Dal 2001 ha concentrato gran parte del suo lavoro sull’America Latina, ritraendo le dimensioni sociali, politiche e culturali così come le lotte per i diritti umani della regione. Ha documentato le conseguenze del lungo conflitto armato colombiano con il progetto Tierra herida. Tra il 2010 e il 2014 ha vissuto in Messico, dove ha fotografato fenomeni come la migrazione, lo scontro tra i cartelli della droga e la narcocultura nella città di Tijuana, da cui nasce il progetto Al borde de la ficción, sul mondo del narcocinema. Nel 2016 ha creato a Bogotá, insieme a un gruppo di fotografi colombiani e stranieri, la fondazione OjoRojo fábrica visual, uno spazio indipendente dedicato alla promozione, allo studio e alla diffusione della fotografia documentaria.